Cos’è FISM

SCUOLA DELL’INFANZIA CATTOLICA : Educare con la famiglia, per la famiglia

L’impegno della FISM a continuare ed aggiornare una secolare tradizione educativa.

Nel 1837 venne fondato a Rivarolo Canavese il primo Asilo infantile del Piemonte, seguendo il modello dei primi asili nati in Lombardia a partire dal 1829 ad opera dell’abate Ferrante Aporti.
Iniziative destinate all’assistenza e ad un’embrionale forma educativa erano già sorte negli anni precedenti in Piemonte soprattutto in seguito all’intervento di alcuni benefattori, come i Marchesi di Barolo.
Ma sarà grazie alla concomitante opera ed interessamento di alcuni laici, fra i quali il conte di Cavour, del Vescovo di Ivrea, Luigi Moreno e della locale comunità di suore che poté avere inizio anche in Piemonte la felice tradizione dell’istruzione infantile.
Le prime scuole (a partire dal 1839 vennero aperti i primi Asili infantili aportiani nella città di Torino) svolgevano una prevalente funzione assistenziale nei confronti dei ceti più umili della società piemontese.
Nella stragrande maggioranza degli statuti delle scuole fondate nel secolo scorso si legge che la scuola era destinata ad “assistere e cristianamente educare i bambini poveri del luogo”.
Accanto a questa funzione essenziale nella società del tempo, sia nei centri urbani che iniziavano la loro conversione al sistema industriale, sia nelle campagne, gli asili infantili svolgevano anche un’opera di educazione ed istruzione, e non solo religiosa, quando addirittura non anticipavano una vera e propria attività scolastica.
Non tutti i comuni erano in grado di assicurare con le loro scuole elementari ai figli del popolo quell’alfabetizzazione di base negata soprattutto dal precoce inserimento dei fanciulli nelle attività lavorative della famiglia, nei campi o nei primi opifici.
La ventata anticlericale che accompagnò e seguì gli anni dell’unificazione italiana non impedì agli asili infantili di estendere la loro attività. La Legge Rattazzi del 1855 che sopprimeva numerose congregazioni religiose, risparmiò proprio quelle che in particolar modo si occupavano dell’istruzione infantile, prime fra tutte le Suore vincenziane e le Giuseppine.
Nella seconda meta dell’Ottocento, nonostante l’imperversare della cultura e della mentalità laico-positivista, nuove congregazioni religiose dedite all’educazione dei più piccoli e il generoso impegno di benefattori e di associazioni, concorsero a moltiplicare il numero delle istituzioni per l’istruzione infantile. Nello stesso tempo, anche per dare una più adeguata risposta alle nuove emergenze della società italiana fra Otto e Novecento, il movimento pedagogico cattolico ritenne essenziale non limitarsi più alla sola finalità assistenziale, ma puntare anche su quella formativa delle future generazioni.
Gli asili infantili cattolici, nati all’interno della comunità ecclesiale ed operanti in spirito di stretta solidarietà e collaborazione, costituirono, anche grazie alle felici intuizioni pedagogiche delle sorelle Agazzi, un modello esemplare di educazione famigliare e popolare.
I tradizionali Asili infantili aportiani e le nuove Scuole materne agazziane, divennero nei decenni successivi, anche grazie alla presenza delle insegnanti religiose e al progetto educativo fondato sulla interiorizzazione di valori religiosi e spirituali, le vere scuole della comunità locale dove la partecipazione si manifestava in forme di volontariato e di coinvolgimento delle famiglie e di tutta la comunità attorno ad una scuola che, a differenza delle burocratizzate scuole elementari statali, veniva sentita come “scuola del popolo”.
Le scuole dell’infanzia cattoliche si distinguevano e continuano a distinguersi per la loro autonomia, che non significa isolamento, ma anzi apertura, coinvolgimento di tutte le realtà sociali, politiche, amministrative e culturali che si riconoscono nel modello educativo della dottrina sociale cristiana.
Certamente le scuole dell’infanzia cattoliche da alcuni decenni attraversano momenti di difficoltà, non causati dalla caduta della proposta educativa o dal venir meno del consenso delle famiglie. Anzi! Difficoltà, a volte quasi insormontabili, emergono da situazioni economiche negative determinate dal progressivo venire meno dell’apporto delle religiose (le quali intraprendono l’attività educativa indipendentemente dal fattore economico-occupazionale, ma al solo fine di realizzare nella scuola lo specifico carisma della congregazione di appartenenza), dalla lievitazione dei costi di gestione e infine dalla mancanza di adeguati finanziamenti da parte dello Stato e degli enti locali.
La ventata statalistica che ha caratterizzato in Italia le strategie politiche degli anni ‘60 e ‘70, e che sotto certi aspetti ha negativamente influenzato parte dello stesso mondo cattolico, ha contribuito ad aggravare la situazione.
Negli ultimi trenta anni molte scuole dell’infanzia hanno chiuso i battenti o sono state trasformate in scuole statali, unicamente per motivi economici e per la scarsa attenzione dimostrata dallo stesso mondo cattolico, annullando così una tradizione secolare dell’impegno sociale e culturale del cattolicesimo italiano e togliendo alle famiglie la possibilità di effettuare per i propri figli una scelta fra diversi modelli educativi.
Lo spirito animatore delle scuole dell’infanzia cattoliche non è mai stato quello di costituire un’alternativa, una supplenza o peggio un’opposizione politico-ideologica alle scuole comunali o statali, ma la possibilità di creare un confronto aperto e reciprocamente arricchente fra diversi modelli e stili educativi e soprattutto di rendere effettiva la libera e responsabile scelta da parte delle famiglie.
A difendere e valorizzare la presenza delle scuole dell’infanzia cattoliche è sorta nel 1974, su stimolo della CEI, la FISM (Federazione Italiana Scuole Materne). In questi anni la FISM, oltre a fornire un capillare servizio di assistenza organizzativa, gestionale e pedagogico-didattica alle scuole federate, ha sviluppato un’opera di sensibilizzazione e di presenza nella società e nel mondo politico affinché venga posto fine alla discriminazione che la nostra legislazione perpetua nei confronti, non tanto delle scuole, quanto delle famiglie che mandano, o che vorrebbero mandare i loro figli nelle scuole dell’infanzia cattoliche. Solo con la Legge N.62 del 2000 le scuole cattoliche sono state riconosciute paritarie, quindi facenti parte a pieno titolo, assieme alle scuole statali e a quelle comunali, del sistema nazionale di istruzione. Ma se la legge ha riconosciuto alle scuole la parità giuridica, con relativi maggiori diritti, ma anche e soprattutto maggiori doveri ed oneri, non ha ancora riconosciuto la parità economica. Anzi, si è ancora molto lontani da questo obiettivo!

Lo Stato spende, per ogni bambino di scuola dell’infanzia statale più di 6.000,00 €, mentre per un bambino di scuola dell’infanzia paritaria circa 585,00 €.

Una palese ingiustizia che costringe le scuole non sorrette da adeguate convenzioni con i comuni, a richiedere alle famiglie rette più alte rispetto a quelle richieste dalle scuole comunali e statali.
È come se le famiglie dei bambini delle scuole cattoliche, non pagassero le tasse come le altre famiglie!
In Piemonte nell’a.s. 2017/18 le scuole dell’infanzia federate alla FISM e che quindi propongono alle famiglie, senza cadere in chiusure integraliste, un progetto educativo fondato sui valori cristiani e sul modello antropologico cattolico, sono 427, con 1.187 sezioni e circa 30.000 bambini iscritti e frequentanti.
Nella stragrande maggioranza dei 243 comuni piemontesi in cui sono presenti, le scuole aderenti alla FISM hanno stipulato una convenzione economica con l’amministrazione comunale che, nel rispetto dell’autonomia educativa ed organizzativa, permette di applicare agli alunni condizioni ed opportunità tendenti verso quelle previste per gli alunni delle scuole statali e comunali.
A partire dall’approvazione della Legge regionale N.61 del 1996, anche la Regione Piemonte interviene a sostenere e ad implementare finanziariamente le convenzioni a favore delle scuole dell’infanzia paritarie e in particolare quelle più piccole e situate nei comuni minori e in zone disagiate.
L’impegno della FISM a livello sia nazionale, sia regionale, per ottenere una reale parità ed il pieno riconoscimento, anche da parte dello Stato, della funzione essenziale nella preparazione di futuri cittadini responsabili, deve necessariamente trovare il consapevole sostegno di tutti i cattolici.
Il Santo Padre, Benedetto XVI, ha recentemente ricordato che “la missione salvifica della Chiesa si compie nella stretta unione tra l’annuncio di fede e la promozione dell’uomo e trova, per questo, particolare sostegno nello strumento privilegiato che è la scuola cattolica, volta alla formazione integrale dell’uomo”.
Tutti i cattolici devono pertanto avere una “matura consapevolezza non solo della identità ecclesiale e del progetto culturale della scuola cattolica, bensì pure del suo significato civile, che va considerato non come difesa di un interesse di parte, ma come contributo prezioso all’edificazione del bene comune dell’intera società italiana”.